LA DIFFICILE ARTE DELL’ACCOGLIENZA

RIMOZIONE, RIPARAZIONE, SOSTITUZIONE E PEZZI DI RICAMBIO

 

A dirla così, stamattina vi sembrerà di essere entrati in un’officina!

 

E invece questo linguaggio lo affrontano quotidianamente e molto bene terapeuti preparati: sono i famigerati meccanismi di difesa, strumenti con i quali ci proteggiamo da disagi emotivi troppo intensi, che non siamo in grado di fronteggiare

 

In poche parole il nostro organismo entra in uno stato di vigilanza, con una conseguente iperattivazione dei nostri sistemi di funzionamento e attua tecniche di fronteggiamento e di resistenza, che spesso diventano… una protezione da noi stessi!

 

Generalmente questo succede in condizioni di stress reale (malattie, separazioni, perdite del lavoro..), ma…come per i muscoli, se lo stress permane e non viene risolto, ci abituiamo a vivere in modalità tensione perenne, con conseguenze tutt’altro che simpatiche sugli organismi vitali per eccellenza: cuore, circolazione, polmoni, stomaco

 

Una delle spie più evidenti di ciò è la comunicazione e, nella comunicazione, l’ASCOLTO dell’altro, difficilissima arte

 

E’ un’arte che s’impara con il tempo, che si affina e si perfeziona grazie all’esperienza, perché più siamo in grado di ascoltarci e più riusciamo ad ascoltarci

 

Ci permette di diventare non solo dei buoni ascoltatori, ma anche dei migliori comunicatori. Ogni volta che prestiamo attenzione all’altro e ci permettiamo di accogliere dentro di noi le informazioni che ci manda, il nostro mondo si arricchisce

 

Essere in posizione di ascolto rappresenta una grande opportunità di crescita: ci permette di cogliere le sfumature e il costante cambiamento della persona di fronte

 

Il passo d’avvio è essere presenti, calarci nel momento

 

Come insegna il buon Marshall B. Rosenberg nella sua comunicazione non violenta (CNV) ascoltare è ricevere con empatia

 

Rassicurare, educare, difendere, consigliare, spiegare sono tutte modalità di una ricezione dell’altro parziale, frettolosa e spesso rassicurante solo per noi: rimuovere, riparare, sostituire diventano parti così integranti del nostro modo di rapportarci, da rendercene totalmente ignari

 

Se non per una piccola spia: la ricezione dell’altro. Nell’accoglienza empatica l’altro se ne va nutrito, anche se non ci sembra di avere detto nulla di così eclatante. Nello pseudo ascolto, nella migliore ipotesi, se ne potrà andare con soluzioni, che metterà in atto meccanicamente, nella peggiore si innescheranno botte e risposte aggressive reciproche, perché non sarà stata rispettata la prima necessità di chi parla: essere ascoltato

 

Botte e risposte del tipo: A “Quando i miei genitori arrivano a casa senza avvertire, mi sento invasa”- B “So come ti senti anch’io provavo le stesse cose” o A “Sono disgustata da quanto sono diventata grassa” – B “Magari puoi fare un po’ di jogging”, sono modalità in cui chi ascolta mette sé e  la sua esperienza al centro, stoppando l’ascolto un passo prima

 

Ascoltare significa creare spazio

E più siamo in grado di crearlo dentro di noi, per noi stessi, più saremo in grado di farlo anche per gli altri, perché non avremo la necessità di occupare spazio. Se ogni volta che ne abbiamo bisogno, siamo in grado di crearci una stanza interiore dove poterci esprimere senza la paura di sentirci giudicati o feriti, allora saremo in grado di non occupare con avidità lo spazio tra noi e l’altro e di accogliere il nostro silenzio per fare posto all’altro. E in questo spazio che nascerà il dialogo

 

La vera chiave di sblocco di queste situazioni è alzare il nostro livello di consapevolezza, ascoltandoci, osservandoci e disinnescando così il meccanismo dell’automaticità, che ci porta a mantenere un atteggiamento passivo, resistente e, molte volte, reattivo

 

Altrimenti saremo destinati a fare tutto da soli: scriverci il copione, realizzarlo, pagare il biglietto e pure i poc corn, recitarlo e applaudirci…in una povertà sempre più evidente e priva di pezzi di ricambio